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Autogestiamoci il quartiere!

L’ultima iniziativa del GRIDAS, l’associazione culturale che vive a Scampìa, nel quartiere, è la dipintura delle lamiere fetenti delle recinzioni sotto le pensiline delle fermate dei bus. Vi si trovano tracciati grossolanamente i soliti cazzi, che paiono l’unica immagine ben fissata nella mente degli incolti, squallidi adescamenti sessuali, organi sessuali giganti (maschili), scritte varie, messaggi d’amore e i soliti “graffiti” incomprensibili che, come le pisciate dei cani ad ogni angolo, servono solo a marcare il preteso proprio territorio: la cultura hip-hop.

Si è pensato di dipingere le superfici, così come facciamo con i nostri murales (più di duecentocinquanta, da Napoli a Duisburg, da Bari a Moie, da Trento a Reggio Calabria, all’hinterland napoletano) dando così la testimonianza di una “manutenzione” volontaria della cosa pubblica: se le cose pubbliche si ritengono “cose di nessuno”, ognuno si sentirà autorizzato a scempiarle, e a vandalizzarle, come in genere succede, se, invece, instilliamo l’idea che le “cose pubbliche” sono “proprietà privata” (l’unica cosa, insieme col mitico “mercato” che abbia carattere di sacralità nella disastrata nostra società) ma di ognuno, ognuno si sentirà autorizzato anzi spinto ad averne cura come di cosa propria, secondo le proprie capacità. È così che può nascere un minimo di sensibilità sociale, cosa che ci pare manchi completamente nella mentalità napoletana: si spazza il proprio pianerottolo ma non le scale comuni, ecc.

Pertanto io, cittadino di Scampìa, pittore (alcuni mi ritengono un “artista”, termine che non si sa bene cosa significhi) metto le mie capacità al servizio di tutti e dipingo in maniera simpatica le lamiere disastrate. L’effetto è quello di produrre superfici colorate e significative invece dello squallore e dell’indecenza. Il tutto senza chiedere una lira, né un centesimo di euro, alle pubbliche amministrazioni. In attesa di essere denunciati per “danneggiamento aggravato” come ci è già capitato nel 1994!
In seguito aggiungeremo delle panchine realizzate con le tapparelle in disuso recuperate dalla spazzatura, modellate e dipinte a forma di panchina, secondo le buone regole del riciclaggio intelligente, che ci sono familiari.
È un esempio di possibile autogestione del territorio comune, a partire dalle piccole cose.

Finora si è intervenuti su due fermate, in via Roma verso Scampìa, all’incrocio con via Bakù, davanti al carcere, dentro il quale pure abbiamo dipinto, nel “reparto verde” dei tossicodipendenti, insieme con sette detenuti, nel 1997. Sulle lamiere della fermata vicino al giornalaio sono dipinte le silhouette di persone che aspettano, e cani, i cani neri di quartiere, sull’altra, dal lato del carcere, figure astratte colorate e simboli della pace. Speriamo che questo serva a destare dal sonno (“gruppo risveglio dal sonno” ci chiamiamo) chi dorme e ha sempre dormito, e ad incoraggiare chi vorrebbe ma non osa. Un’azione concreta contro l’ipocrisia di chi non fa alcunché ma si arroga il diritto di giudicare e criticare coloro che fanno qualcosa.
E smettiamola, una buona volta, di stare a lamentarci dell’ “abbandono delle periferie”: esse sono abbandonate per un preciso disegno funzionale al sistema, ma sono pure affidate alla nostra iniziativa: autogestiamoci!

Felice Pignataro - Napoli, 8 ottobre 2003