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La Scuola 128

C’era una scuola, nello scantinato di una casa popolare, da dove ogni sera si sentivano uscire allucchi e pianti e, ogni tanto, ragazzi cacciati.
La porta è tutta scardata dai colpi di pietra perché chi passa si sfizia a tirare le pietre, e non solo chi passa, ma anche i figli delle signore che abitano sopra la scuola e anche quelli che vanno alla scuola tirano le pietre, senza nemmeno sapere il perché.
È una scuola strana, dove un giorno ci stanno quindici ragazzi, un altro giorno due o tre, poi di nuovo venti, poi un giorno nessuno. E non c’è una finestra con le rondini di carta ritagliata e non c’è il ritratto del Presidente e non s’imparano le poesie di Natale a memoria.
E a che serve questa scuola?
Quelli che ci tirano le pietre dicono che non serve a niente e che chi ci va è scemo.
Ma noi ci andiamo per imparare a riconoscere chi è che ci fotte e di chi è la colpa se stiamo così inguaiati nelle case scassate, ma costruite con i soldi di tutti.
C’è chi non crede di dover lottare per qualche cosa, perché è convinto di stare bene e si offende pure se gli dicono che sta male.

La scuola fu cominciata da due tipi che, per essere cristiani, sentivano il dovere di aiutare gli altri fratelli ad imparare a difendere i loro diritti e a capire la differenza fra l’ingiustizia e la disgrazia e a imparare a combattere le ingiustizie per fare una società giusta.
Ma se la gente non sa capire che si deve faticare per avere la giustizia e che si deve lottare insieme per risolvere i guai di tutti, la nostra scuola sarà solo un allucco in mezzo al deserto.
Ma noi restiamo qua a dimostrare che c’è Dio perché c’è chi vuole aiutare gli altri. Se poi uno non vuole salvarsi, nessuno può fargli niente.

Certi vengono alla nostra scuola perché pensano di essere aiutati a farsi i compiti di scuola e basta, ma poi si scocciano di stare a sentire dei discorsi o di leggere il giornale e non ci vengono più.

Certi altri a un certo punto aprono gli occhi e capiscono che ciò che diciamo noi è diverso da ciò che dicono i maestri della scuola, si mettono paura di mettersi contro i maestri e non ci vengono più.

Certi altri hanno imparato a dire di sì ad ogni persona che parla e se ne fottono di tutto e con questi non si può fare niente.

Ma noi restiamo qua ad aspettare se possiamo servire a qualcuno. Aspettiamo e nessuno sa che cosa, né perché, ma noi speriamo che Qualcuno lo sappia.


Scuola 128, 2-11 luglio 1973.

La Scuola 128