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Felice: un capitolo di storia di Scampia

"L'uomo non è dotato di una saggezza maggiore di quella degli altri esseri, per molti numeri egli è superato da molti e anche da quelli che sono irrilevanti per la loro esigua corporeità: ma l'uomo è incorso in una sorte migliore avendo avuto il dono della mano." (Giordano Bruno).

Il richiamo di Felice, non solo nei murales, a questo inestimabile dono avuto dall'uomo era ricorrente: rappresentava il simbolo della sua caparbia azione didattica ed il segno del suo progetto pedagogico, non sempre compreso, talvolta tollerato.

E la mano, la sua mano "color alabastro", è stato il punto di convergenza degli sguardi silenziosi e commossi di tanti che sono accorsi da ogni parte della città per riscaldare quella fredda stanza del Monaldi. Sembrava pronta ad afferrare il pennello per lanciare un altro messaggio di denuncia e di indignazione, ma anche di pace, compassione e tenerezza. Anche alla fine ci ha saputo dare una lezione di semplicità e sobrietà: "se n'è andato col suo gilet dalle mille tasche, con la pipa, il righello, le penne e....le buste di plastica ben piegate, sempre pronte per ogni evenienza". E poi con i piedi scalzi, perchè amava saggiare il calore diretto della madre terra ( forse come il suo amico Nuvola Rossa). E con poche margherite di campo (quelle dei suoi disegni); le stesse che pare abbiano accompagnata la nuvola delle sue ceneri che si è distesa nell'orizzonte aperto di S.Vito dei Normanni.

Felice "era uno di noi" ci dicevamo nella Comunità di base, direi che era "prima di noi". L'abbiamo incontrato per la prima volta nel campo Arar di Poggioreale perchè la sua baracca confinava con quella delle Piccole sorelle (con l'indomabile p.sorella Maura, operaia della Cirio) dove talvolta ci recavamo per pregare in un contesto di esclusione. Mentre noi balbettavamo i temi rivoluzionari di cui è intriso il Vangelo, lui già li incarnava nella dura concretezza della storia. Una condivisione praticata, non proclamata. Una condivisione vissuta sempre con radicalità e gratuità assoluta.

Abbiamo ritrovato Felice a Scampia ed è diventato compagno e fratello di tante iniziative. La "Gru", anche il nome dato al Circolo di Legambiente è frutto di una sua intuizione, mentre parecchi di noi, stretti intorno al tavolo del Gridas, spremevamo, invano, le meningi per trovare un'idea originale.

Franco, storico compagno del Gridas, quel giorno, mentre mi stringeva per tentare di controllare ed attenuare la morsa del dolore esclamava:"Correva, correva troppo Felice". Il cavallo alato galoppante che compariva in alcuni murales: non si riusciva a seguirlo nella sua fertile progettualità, nella sua energica operosità, nelle sua estrema coerenza. Anche noi, come Nino Lisi, abbiamo avvertito, tante volte, "un muto rimprovero", subito mitigato dalla dolcezza del suo sorriso e dalla generosità con cui si immergeva in ogni situazione.

Tutti in ritardo nei suoi confronti, anche e soprattutto le Istituzioni. Gli farei un torto se non ricordassi la solitudine dell'ultimo periodo. La sofferenza per alcuni progetti franati, le numerose beffe subite, l'assenza di ascolto del suo grido profetico. Succede spesso così!

Non riesco, comunque, a sopportare chi parla di Scampia come di un quartiere senza storia. Per quanto tormentata e contraddittoria c'è sempre una storia. Le pagine più belle e significative le ha scritte proprio lui. Felice rappresenta il capitolo più importante della storia di Scampia, perchè ha dato una connotazione originale a questo territorio, lo ha fatto conoscere per una dimensione diversa dalla rappresentazione abituale che si è diffusa in strati di popolazione sempre più vasti.

La sua arte sarebbe stata una "grande risorsa" per il quartiere; è mancata la consapevolezza istituzionale e popolare. Sono rimasto fortemente sorpreso - quel giorno - nel vedere le lacrime copiose e sincere di tanti giovani. Il mio pessimismo si è addolcito e mi sono ricordato di un pensiero letto su una rivista: "Se non ci sono stati i frutti è valsa la bellezza dei fiori. Se non ci sono stati i fiori è valsa l'ombra delle foglie. Se non ci sono state le foglie è valsa l'intenzione del seme".

Per la verità nel mese di marzo Felice avrebbe dovuto realizzare un mosaico, commissionato dal Comune di Napoli (era ora!), sulle mura del campo di calcio costruito a Scampia....e poi ad aprile nascerà il nipotino, ma Felice, ancora una volta ha corso troppo, ha anticipato gli eventi ed è volato via con la sua "anima leggera".

Alla marcia della Pace del 20 marzo, uno spezzone del movimento, quello della città di Napoli, rumoroso e motivato, era dietro lo striscione "Il rullante di Felice continua a scandire i ritmi delle lotte per la libertà".

In questo periodo il Gridas è frequentato da tante persone che vogliono perseguire con tenacia, a partire dalla organizzazione della memoria di Felice, gli obiettivi di animazione culturale e sociale che lo caratterizzavano.

E poi mi piace ricordare il foglietto che un ragazzo dell'"Oasi giocosa" ha fatto trovare sul cancello del Gridas " Felice, ora che stai lassù, non far piovere alla prossima sfilata del Carnevale"

Mi sembrano forti segnali di speranza, una volontà di continuare.

Ancora una volta aveva ragione lui quando chiudeva un libro con la frase di Ernesto Cardenal:

"L'artista è stato sempre completamente integrato nella società: ma non nella società del suo tempo, in quella del futuro. L'artista, il poeta, il dotto e il santo sono membri della società del futuro, di quella società che già esiste sul pianeta come un seme, un seme forse disperso in piccoli gruppi e nei singoli, qua e là; indipendentemente dalle ripartizioni della geografia politica."

Aldo Bifulco