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Postilla

1970-'71

Dal giugno 1970 avevamo cominciato a cercare, un editore per il nostro libro, non perché ci sembrasse esemplare il nostro lavoro, ma perché con un mezzo qualunque si doveva uscire dall'isolamento. Sia i raggruppamenti di baraccati che i ghetti-quartieri popolari vivono, infatti, su un sottile espediente di isolamento dagli altri e finiscono col diventare sempre più oppressivi quanto più l'isolamento perdura.
Se si riusciva a pubblicare un libro, forse anche la gente di qua poteva cominciare a vedersi con gli occhi degli altri e rompere il cerchio.

La coscienza di classe
Nostro intento è infatti favorire una presa di coscienza degli abitanti, cominciando a farli ragionare sulla loro vita, cioè partendo dall'autocoscienza.
Perciò, visto che la ricerca dell'editore andava per le lunghe, abbiamo cercato altri mezzi, complementari.

Il teatro
Insieme con i ragazzi, l'estate del '70, abbiamo ricostruito le vicende dei baraccati, scrivendole poi in un lavoro teatrale in dialetto napoletano "Pasquale Passauaie", che le racconta in maniera critica come storia di una sola famiglia dalla prima abitazione in un basso alle case di Secondigliano. Il dialetto doveva servire a favorire una immediata comprensione da parte del pubblico. Poi però la realizzazione teatrale ci avrebbe pompato tutto il tempo della scuola e non si è fatta.

Il fumetto
Abbiamo riletto più volte il testo con i ragazzi più piccoli e adesso ne stiamo facendo una storia a fumetti.

L'oppressione della scuola di Stato
La scuola di stato ha continuato a respingere i ragazzi e, poiché il nostro lavoro è troppo limitato, la situazione non è molto cambiata.
I ragazzi cacciati dalla scuola vanno a lavorare; ce ne sono che lavorano perfino nelle vetrerie, fin dall'età di sette anni.
Nel giugno 1970, su 317 ragazzi che frequentavano la prima elementare, 110 furono bocciati. Così per le altre classi.
Protestammo scrivendo una lettera al Ministro della Pubblica Istruzione, al Provveditore agli Studi e alla stampa.
Il Ministro non rispose; il provveditore dopo quattro mesi ci fece sapere che ne aveva informato il Patronato; la stampa, tranne "l'Unità", non ne fece caso.
Quest'anno su duecentocinquanta bambini in prima elementare sono stati bocciati 88 e ci siamo resi conto che le bocciature sono decise molto prima della fine dell'anno scolastico, in un caso addirittura il settimo giorno di scuola!

Il comitato ufficiale scuola-famiglia
Non essendo riusciti a interessare sufficientemente i genitori, non si è concluso ancora granché.
Il "comitato scuola-famiglia", come gli altri comitati ufficiali degli assegnatari del quartiere, più che servire a condurre una lotta, serve da sostegno alle mire del potere di qualcuno e quindi serve solo a frenare la presa di coscienza delle masse.
Gli unici problemi che vede nella scuola, quando se ne occupa, sono i fatti tecnici, il riscaldamento, la pulizia, la lontananza della scuola dalle case.

Il giornale della scuola
Per iniziare un lavoro di base più sistematico e capillare e per uscire dalla scuola, smuovendo un poco dell'indolenza degli abitanti, abbiamo cercato altri mezzi e siamo arrivati a fare un giornale ciclostilato, con il preciso compito di indurre a pensare e a guardare ciò che invece si vuole dimenticare: le reali condizioni di vita e come si potrebbero cambiare. Perciò il giornale si chiama "La zoccola". È ancora agli inizi e non si sa quanto potrà servire, ma già ai ragazzi è stato utile perché ha fatto capire che si ha qualcosa da dire e li ha impegnati concretamente.

Verso una coscienza
Per il resto, alla dettatura dei racconti ai più piccoli, si sono sostituite o affiancate altre iniziative. Si è cominciato a leggere il giornale anche con loro, si sono letti i nostri racconti, si è preso un registratore e si è cominciato a farli parlare. Così si sono scoperte parecchie altre cose della loro vita, dei loro interessi, dei giochi.

Dalla cultura orale alla cultura scritta
La cultura del sottoproletario è una cultura orale, in un doppio senso. Ciò che si sa lo si è sentito raccontare e si tramanda a voce e, in un altro senso, ha grande importanza il mangiare. Le feste sono legate nel ricordo a una grande mangiata, i giochi riguardano il fare la spesa e mangiare, e ogni oggetto, anche fra i ragazzi più grandi è spesso masticato. Le nostre penne ne sono una testimonianza evidente, oltre alla diffusione del chewing gum, come pure, per i bambini più piccoli, alla prosecuzione dell'allattamento oltre i tempi consueti altrove.
Il problema è fornire i mezzi perché la cultura orale non si perda e assuma anche le forme della cultura scritta senza tradirsi.

L'aiuto degli altri
Con i più grandi si è stabilito un programma più ordinato, anche per assimilazione delle idee emerse nei convegni sulle scuole popolari cui abbiamo partecipato, a Napoli e a Firenze, e nelle testimonianze pubblicate da varie scuole.
Dei compiti della scuola statale ormai ci si occupa poco e niente.

La storia di classe
Si studia la storia contemporanea, cominciando dal fascismo: si individua così il perché della disponibilità dei sottoproletari alla propaganda fascista, e si prende coscienza del progresso dell'umanità dal tempo dell'oppressione di uno su tutto un popolo a quello del potere a tutti.

La geografia di classe
La proiezione di diapositive di geografia ha pure lo scopo di individuare nel mondo le forme di governo e l'attuale configurazione del potere e dello sfruttamento, ed è stimolo all'unione dei propri problemi e delle proprie lotte alle lotte degli altri popoli nelle stesse condizioni.

La città e i ghetti
Si è preso a studiare i problemi di Napoli, per un inserimento nella vita della città delle vicende del ghetto in cui viviamo.
Si continua a leggere il giornale, cercando pure di valutare le interpretazioni che la stampa dà delle vicende di cui siamo stati noi stessi testimoni.

Il Vangelo
Si continua a leggere il Vangelo, per capire e cominciare a realizzare, attraverso la lotta di classe e il progresso civile, il Regno di Dio, perché per questo continuiamo a lavorare.
Questa à la storia del nostro lavoro fino ad oggi.

Il potere ai poveri
È difficile fare consuntivi, e riteniamo ormai che è inutile cercare di "dare una voce al sottoproletariato": dovrà parlare da solo, quando ne sarà capace.
Nessuno può sostituirsi agli altri: si può solo mettersi al loro servizio, con tutti i mezzi di cui si dispone.
Vogliamo solo dire che se si cerca sul serio di farlo, se non ci si abbatte per qualche pietra ricevuta o per qualche buco praticato nel muro, alla fine qualche passo avanti si fa. Chi c'è dentro forse non se ne rendo conto, perché ci è cresciuto insieme. Forse a chi guarda dall'esterno il progresso apparirà più chiaro, ed ecco che alla fine si leverà come un grido possente la voce dei nostri fratelli poveri, e sarà una voce definitiva e libera e nessuno potrà dire, se non è povero anche lui, che quella è la sua voce, né potrà rivendicarne o usurparne la paternità.


Scuola 128, settembre 1971

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