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Murales antivertice G7

I murales "anti G 7" del GRIDAS: una storia tutta da ridere


Sei murales tra Napoli e provincia.
Giugno-Luglio 1994.



Testo illustrativo



Nell’ambito delle iniziative del coordinamento antivertice “Il Cerchio dei Popoli” si sono realizzati dei murales per comunicare alla gente comune come andava vista la cosa (il “G 7”), quali le responsabilità dei SETTE CHIAVICI PIÙ UNO STRONZO, per lasciare una traccia, più durevole della passerella napoletana dei “sette grandi”, che aiutasse a pensare e a riflettere.
Dei murales a Napoli, soprattutto perché qui c’è il GRIDAS, il più prolifico gruppo di muralisti del mondo: centotrenta murales realizzati in tredici anni, in giro per l’Italia, nella più completa indifferenza dei cosiddetti “intellettuali”, anche se “compagni”!
Fare un mural significa utilizzare una forma d’arte popolare perché sottratta alla speculazione economica, e comprensibile ai più, come strumento di comunicazione politica: avere l’occasione di contattare la gente comune, incuriosita dal fatto che si stia dipingendo un muro, e poterci parlare, dire perché lo si fa, che senso ha, perché quelle immagini, a che serve, come la vedete voi, ecc.
È una maniera efficace e comprensibile di comunicare contenuti politici significativi in maniera coinvolgente, e perciò efficace, certo molto più utile della diffusione di volantini partoriti con grande travaglio, concettosi e scritti fitti fitti, che nessuno legge, tipici della sinistra “più sinistra” e perciò più lontana dalla mentalità e dagli interessi della gente comune.
Lo scopo è stato pienamente raggiunto, ma c’è stata una serie di fatti, provocati dalla realizzazione dei murales, che fanno preoccupare, o sbellicarsi dalle risa, o, se si vuole, sconvolgono per la loro assurdità (incredibili, ma veri!).

Il primo mural: “DOVE CORRE IL MONDO?”: un pezzetto (sedici metri quadrati) a conclusione dei murales realizzati con cinque classi di terza elementare, al 61° Circolo Didattico: il simbolo, non molto apprezzato dagli “intellettuali” del coordinamento, del Cerchio dei Popoli.
Un mappamondo, che caccia denari in corrispondenza dell’emisfero nord e caccia sangue e ossa di morto in corrispondenza dell’emisfero sud, ma è contornato da una teoria di figurine, come quelle ritagliate nella carta, tutte uguali di dimensione, ma dei colori dell’arcobaleno: “Bianco, rosso, giallo, nero: nessuno più al mondo dev’essere straniero!”, lo slogan gridato alla manifestazione “alternativa” del Primo Maggio a Napoli.
Ma è un mondo che corre, calpestando i simboli dell’ingiustizia: droga, armi, media, un gagliardetto fascista dietro una ragnatela, e, soprattutto il denaro, verso il mondo colorato e pacifico inventato dai bambini sulle pareti esterne della scuola, girato l’angolo, per circa centocinquanta metri quadrati.

Il secondo mural: “L’ALBERO DELLE SCELTE”, a Caivano, al parco verde, uno degli insediamenti della “legge 219” del dopoterremoto, nell’ambito della colorazione delle pareti della “Piazza dei Murales”, fatta con gli abitanti del quartiere.
Un albero, con una metà delle fronde inframmezzate di simboli negativi: armi, droga, gagliardetto fascista, bombe, denari, rivolta verso un campo di containers (la gente del Parco Verde proviene, in gran parte, dal Campo Containers di S. Pietro a Patierno, del dopo terremoto), circondati di filo spinato, per simboleggiare l’isolamento fra il popolo, indotto dal potere, e un’altra metà, fra le cui fronde fanno capolino i volti di alcuni di quelli che hanno indicato una prospettiva diversa all’umanità: la fratellanza, la solidarietà: Gesù, il falegname, Gandhi, il tessitore, Karl Marx, il teorico, Ernesto Cardenal, il poeta, ma anche un palestinese, un curdo, un indigeno delle terre “scoperte” dal capitalismo, in rappresentanza di tutti i popoli oppressi del mondo che, proprio perché oppressi, devono liberarsi e non “essere liberati”.
La metà “positiva” è collegata da un arcobaleno ad una immagine del Parco Verde, con la gente che si da la mano: dall’isolamento del campo containers alla solidarietà riconquistata.

Il terzo mural: davanti all’ospedale psichiatrico “Leonardo Bianchi”, il 22 giugno è stato dipinto un mural di centoventi metri quadrati: “STULTIFERA NAVIS”: La Nave dei Pazzi, nella quale viaggiano i sette responsabili dei disastri del mondo.
Si voleva dipingerlo insieme con i degenti dell’ospedale psichiatrico, per dire: “I pazzi sono loro!”, ma, preso contatto con i “medici” dell’o.p., sono sorte una serie di difficoltà burocratiche e si è dovuto lasciar perdere.
Un ospedale sconfinato, con corridoi lunghi chilometri, percorsi in vespa dagli infermieri (!), cani rognosi sdraiati sulle scale, degenti nelle gabbie di rete metallica, come galline, padiglioni fatiscenti e abbandonati: “ma non abbiamo denari, né personale sufficiente”, ci hanno detto i medici, e, invece è questione di sensibilità umana e non di “denari” e “personale”!
Il mural, dipinto da una ventina di membri del Cerchio dei Popoli, è stato visibile ed apprezzato dalla gente per qualche giorno, poi è stato coperto con l’incollaggio di centoventi metri quadri di carta bianca, come si fa a Napoli per le affissioni abusive. Alcuni compagni, dopo aver cercato, inutilmente, per imperizia, di strappare la carta, hanno scritto, sulla carta bianca: “qui sotto c’è un mural che rappresenta i sette pazzi, ecc.”. Sono tornate le “autorità” a far coprire con altra carta bianca anche la scritta: un secondo tentativo di scrittura-denuncia è stato bloccato dalla polizia! Il fatto è stato immediatamente comunicato alla stampa, ma nessuno, neanche “ilmanifesto” ha ritenuto di rilievo la notizia!
Ma la cosa non è finita lì: il 17 luglio, approfittando dell’impazzimento collettivo per la finalissima del campionato di calcio, Felice, Mirella e Martina, tre del GRIDAS, armati di pompa da imbianchino, per spruzzare acqua per inzuppare la carta, sono andati a far riemergere il mural strappando la carta dal muro con le unghie, dalle 22 alle 3 del mattino. Proseguendo poi la notte dopo per un analogo tempo.
Le persone che passavano ci hanno fatto i loro complimenti.
Le autorità pensavano, evidentemente, che fosse sufficiente nascondere il mural per i giorni del vertice, ma, invece, le conseguenze della politica dei “grandi” perdurano anche dopo il vertice, e così la nostra protesta.

Il quarto mural si è fatto ad Acerra, al Rione Gescal, via B. Buozzi, con la gente del posto, gli occupanti in lotta “storica” per la casa: ci sono le lumache, che la casa se la portano sempre appresso, e la figura centrale di un capitalista che, a sinistra di chi guarda, distribuisce casette, come fossero zuccherini, avendo preso possesso delle case grandi e confortevoli che abbranca con l’altro braccio, dipinte attorno ad una finestra. A destra c’è, invece, una folla di persone senza potere, compreso un extracomunitario (un curdo?) che le case se le costruiscono insieme: “LA CASA È UN DIRITTO, NON UN REGALO DI CHI COMANDA!”.

Il quinto mural: “LA LIBERAZIONE DAL CONSUMISMO”, al Vico della Tofa, ai Quartieri Spagnoli, il “centro storico” di Napoli, quello che il progetto “NeoNapoli” del fu Pomicino voleva sottrarre ai proletari per ospitarci i signori. Quello dove, da sempre, vivono i disperati napoletani, cui, ultimamente si sono aggiunti i disperati extracomunitari, essendo gli alloggi a basso affitto.
Su due lati di un muro di recinzione attorno all’area dove, alcuni mesi fa, è crollato un palazzo fatiscente, fortunatamente senza far vittime, si è dipinto, con i ragazzi del quartiere, un capitalista che distribuisce, intascando denari, cose inutili: patatine, Coca-Cola, Sprite, Fanta, chewing gum, oggetti di plastica, e i ragazzini che si sono lasciati convincere, col televisore al posto della testa, come il capitalista, che giocano a flipper. Girato l’angolo, tra i fiori giganti, ci sono i ragazzini liberi, che giocano con i giocattoli belli perché ce li si fa da sé e non costano niente: la bambina con la bambola di pezza, il bambino con l’aquilone, il bambino sul “carruociolo” (una sorta di skateboard antico, fatto con tavolette ritrovate e cuscinetti a sfera usati, ottenuti dai meccanici, in veloce discesa sull’asfalto liscio, con rombo assordante che disturba la siesta dei vecchietti), la girandola di carta, la fionda per cacciare gli uccelli.

Il sesto, ed ultimo, mural: “FERMIAMO IL TRENO DEI GUAI”, a via Cintia, dall’uscita di Fuorigrotta della tangenziale, andando verso Soccavo, sulla destra.
Qui sono successe le cose più incredibili.
È un muro di contenimento di un terrapieno, al limite di un rione di case popolari, più scassato di quello della Calata Capodichino, quello di fronte all’O.P.
Per accedervi abbiamo dovuto strappare erbacce alte quasi un metro. Spruzzato il fissativo, come facciamo sempre, per bloccare la polvere e anche l’intonaco cadente, appena messo mano alla pittura, è arrivata la polizia: “Che è ‘sta manfrina? Mica state facendo qualcosa contro il G 7?” “Quando mai: stiamo dipingendo gente allegra…E poi non stiamo ancora in democrazia? C’è ancora spazio per il dissenso civile?”
Esibizione dell’ultimo volantino del Cerchio dei Popoli, identificazione del sottoscritto, il “responsabile”, “Va bene, buon lavoro”.
Dopo un’oretta sono tornati: “Venite un momento con noi al commissariato, per accertamenti; poi vi riaccompagniamo qua.” Il “momento” al commissariato è durato tre ore, dalle dodici alle quindici, perché, essendo risultato che non avevamo il permesso del “proprietario del muro”, si doveva chiarire se il muro fosse pubblico o privato. Essendo risultato, in base agli “accertamenti”, che il muro era dell’IACP (Istituto Autonomo Case Popolari, noto per l’assoluta mancanza di manutenzione delle sue proprietà) e quindi “pubblico”, al sottoscritto e a sua moglie è stata consegnata la notifica di un’indagine giudiziaria per “danneggiamento aggravato” con la richiesta di eleggere domicilio legale e di designare un avvocato.
Uscendo dal commissariato S. Paolo abbiamo saputo che i ragazzi che avevano continuato a dipingere erano stati diffidati dalla polizia, tornata sul posto: “Se non la smettete vi portiamo tutti dentro col cellulare”!
Per una settimana abbiamo fatto i salti mortali per ottenere “tutti i permessi”. Grazie al gruppo consiliare del Comune, di Rifondazione comunista, e soprattutto al compagno severino una sorta di “can’ ‘e presa”, si è ottenuto il nulla osta del presidente dell’IACP, allora si è telefonato all’avvocato, Elena Coccia, che ci ha consigliato di informare anche il Comune. Mandato un fax a Bassolino, che, come al solito, non ha risposto, si è andati al commissariato, portando anche uno schizzo del mural progettato. Il responsabile della squadra politica era visibilmente spiazzato: evidentemente, sapendo come funziona l’IACP di Napoli, pensava di averci messi a tacere per almeno un mese! Allora si è posto il quesito se il fax a Bassolino poteva ritenersi un “silenzio-assenso” o ci voleva un’autorizzazione esplicita del Comune.
Poi ci ha consigliato, al di fuori della veste istituzionale, di coprirci le spalle con un’autorizzazione esplicita di una persona responsabile del Comune.
Abbiamo ottenuto un altro nulla osta del Comune dall’assessore all’educazione Guido D’Agostino, il volto di sinistra della giunta, e, avendo esposto il bozzetto del mural da realizzare alle assise del controvertice, dal 5 al 7 luglio alla sala dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, dal 7 al 9 luglio alla sala mensa dell’Ilva di Bagnoli, dopo aver fatto appello ai partecipanti al controvertice, che domenica si dipingeva (gli organizzatori si dimenticavano regolarmente di parlarne, pur avendo noi proiettato le diapositive dei murales realizzati e di quello sospeso, in una pausa del concettuoso controvertice), domenica 10 luglio si è ripreso il lavoro.
Abbiamo appeso lo striscione del controvertice fra due auto, abbiamo teso un telone per fare ombra a quelli (eventuali) del nord non abituati al nostro sole, abbiamo comprato un blocco di ghiaccio e messo in fresco le bibite gentilmente offerte dalla bancarella del commercio equo e solidale, in una bagnarola prestataci dal benzinaio di fronte, e VIA!
È subito arrivata la polizia: “identificazione” del sottoscritto, perché, come, quando, ecc.
I poveri ragazzi in divisa, timorosi di sporcarsi di pittura, si vergognavano della stupidità dei loro superiori, alla fine hanno detto, per testimoniare la loro buona fede: “Dateci quattro pennelli che dipingiamo pure noi”!
Eravamo in molti: otto di Caivano, Parco Verde, che avevano già lavorato sia a Caivano cha alla Calata Capodichino, otto di Acerra, fra cui due ragazze di Pordenone, loro ospiti, Anna Maria Scarpocchi, del Centro Bambini, che ha partecipato alla realizzazione di tutti i murales, e tanti altri.
La polizia è tornata altre TRE volte, asserendo che il prefetto aveva proibito la realizzazione dei murales, ma, a conferma, hanno esibito solo una carta dove il prefetto ordinava che “fino alla mezzanotte del 10 luglio era proibita ogni illegalità”!
Alla fine, dopo il nostro rifiuto di rimuovere lo striscione, ce l’hanno sequestrato “per accertamenti”, inaudito!
Lo striscione è stato esposto, e ripreso dalle TV, sia a capodimonte che a Bagnoli, ma al chiuso: per strada non poteva esibirsi: il potere voleva che non comparisse in pubblico alcun segno di dissenso dal lecchinaggio ai Sette Delinquenti più Uno!
Abbiamo lasciato correre, pur di realizzare il mural entro il 10 luglio. E ci siamo riusciti!
Lavorando, io sempre, gli altri a turno, a secondo di altri loro impegni, dalle 9:30 alle 20:30 si è realizzato un mural di circa duecento metri quadrati che rappresenta una mano viva, e colorata, da cui fuoriescono volti di gente oppressa, ma in lotta per la liberazione: i palestinesi, i curdi, i pellerossa, i disoccupati, le donne, i bambini del Brasile, che ferma il TRENO DEI GUAI, con una locomotiva a stelle e strisce, con sei caldaie, guidata da un sassofonista pazzo (dal suo sassofono escono, anziché note, caccia bombardieri, e ha l’imbuto sulla testa, antica iconografia della “cura della pazzia”), e ogni vagone un guaio provocato dalla loro politica dissennata: la guerra, l’embargo, (all’Iraq e a Cuba), l’oppressione e la mercificazione del corpo delle donne, l’F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale), la malavita e la droga, il disastro ecologico, il caso Silvia Baraldini (la Digos ha telefonato alla questura, per sapere chi fosse questa “Silvia” che “deve tornare”!) e, in aggiunta, un ciclista minacciato da un’automobile, con una dedica a Marco, Marco Mascagna, il nostro compagno pediatra, morto giovane, investito da un’auto, mentre andava in bicicletta, poi c’è scritto: “ECC., ECC.”, ché i guai sono molti di più!
Le rifiniture sono state fatte l’undici e il dodici e non c’era più alcuna traccia della polizia!


Da questa storia io traggo alcune morali.
Morale n.1 * : Mi pare GRAVISSIMA la reazione repressiva contro i murales: si sono cancellati murales nel Nicaragua della Chamorro, nelle dittature sudamericane: ora anche a Napoli, e questo fa pensare, e pensare molto male, della situazione italiana, ma, ancor peggio, della “sinistra” che non pare si sia ancora resa conto di dover fronteggiare un nuovo fascismo, più subdolo e insinuante di quello dei manganelli: il fascismo dei padroni dei media!
Morale n.2 * : Se i media ci ignorano e ci boicottano, abbiamo altri canali per comunicare: quelli della cultura popolare, del contatto umano, del linguaggio figurato, che travalica le difficoltà lessicali.
Il fatto che, sistematicamente, i responsabili del Cerchio dei popoli abbiano ignorato i nostri fumetti, i nostri autoadesivi, il televisore “a mano”, i tarocchi contro il “G 7”, le cartoline con le immagini dei murales proibiti, e finanche gli appuntamenti per la realizzazione dell’ultimo mural, dimostra come molti compagni abbiano il prosciutto, o, più proletariamente, la mortadella sugli occhi!
Morale n.3 * : Se, nella “sinistra” ci sono tanti bravi compagni “professori”, capaci di elaborare belle teorie e analisi puntuali di disastri del capitalismo, ma poi queste idee non si traducono in pratica, e, addirittura, essi stessi appoggiano, poi, alle elezioni, partiti come il PDS che, a quanto pare, hanno rinunciato a pensare, allora la situazione è tragica!
Morale n.4 * : La politica è un impegno quotidiano, un impegno di vita: non si fa dalle ore tot alle ore tot!
Sulla carta, il Cerchio dei Popoli era un coordinamento di un centinaio di associazioni, ma quelli che hanno buttato il sangue a lavorare, e hanno reso possibile il controvertice sono stati tre o quattro gatti. Se questo ci riempie di ammirazione e gratitudine nei loro confronti, non può però non indurre ad amare considerazioni: in una città di un milione e mezzo di abitanti, per una manifestazione di interesse internazionale, se si raccolgono cinque-seicento persone, come è successo alla “manifestazione nazionale” del 9 luglio a piazza Mercato, e nessuno che si affacciasse alle finestre per vedere o ascoltare, secondo me è un fallimento e non un “buon risultato”, e a niente serve gonfiare le cifre fino a “millecinquecento” persone.
Morale n.5 * : L’azione più rivoluzionaria che si possa fare in questo momento è che alle parole e alle idee siano conseguenti i fatti. Che chi si assume, liberamente, un impegno, lo porti però a termine con sicurezza, qualunque cosa gli accada: se mancano i valori umani è inutile parlare a vanvera!
Se siete d’accordo, BUON LAVORO, COMPAGNI!

Felice Pignataro
Responsabile del GRIDAS
Gruppo Risveglio dal Sonno, Scampìa
Napoli, 21 luglio 1994