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La libertà di pensiero è più forte della tracotanza del potere

24 maggio 1991.
Fine della realizzazione di restauri e altri murales alla scuola media “G. Bruno” di Nola (Na): un mural sull’autodafé di Giordano Bruno, citazioni delle sue opere e illustrazioni di fogli autografi riprodotti dalle sue opere: “La libertà di pensiero è più forte della tracotanza del potere”.
Conservato.


Il sito della scuola


Un adattamento del testo illustrativo di Felice è stato pubblicato nel libro "Sulle tracce di Felice Pignataro" accompagnato dalle foto dell'analogo mural di Scampia realizzate da Francesco Di Martino il 14 novembre 2009.


Testo illustrativo



La libertà di pensiero è più forte della tracotanza del potere
I murales del 1991 alla “G. Bruno” di Nola (NA)

Dopo i lavori dell’anno scorso sul tema dell’educazione alla mondialità, con rabbia abbiamo appreso dai giornali che la scuola media “G. Bruno” di Nola era stata incendiata: fuliggine dappertutto, i lavori fatti sui muri rovinati, coperti da una patina spenta. Per cui ci hanno chiamati a “restaurarli” cioè a riportarli in vita: Mirella poi ha scoperto che era una ventura già capitata a Simone Martini, beh, allora... abbiamo accettato con gioia: l’ottusità criminale non deve averla vinta!
Le scuole pubbliche sono nel mirino della delinquenza, organizzata o no: il liceo scientifico “Brunelleschi” di Afragola è stato incendiato, allagato, o, comunque danneggiato ben sette volte, dall’87 a oggi. Teniamo il conto dall’87 perché allora muraleggiammo anche là. Si può dire che non c’è scuola con cui abbiamo collaborato che non sia stata oggetto delle imprese criminali di qualche delinquente, dalla “Moscati” di Miano, alla scuola media “Europa Unita” del rione Salicelle ad Afragola, dalla scuola media “Basile” di Giugliano alla “Quarati” al Vomero... Stranamente si tratta anche delle scuole dove veramente ci si mette al servizio dei ragazzi, per cui questi atti di teppismo non sono certo spiegabili come reazione di un atteggiamento di estraneità della scuola ai problemi dei cittadini del rione in cui essa si trova.
Sui murales rovinati si è data una mano di fissativo Ukin, che, asciugandosi, produceva una patina bianca, poi si sono spolverati e si sono campite di nuovo le superfici tinteggiate con i colori più chiari, e quelle sulle quali c’erano più danni, scolature scure, di liquido fuligginoso, o macchie.
Si è rifatto l’albero, nel vano delle scale, più grande, da cui i commenti: “Ueh, l’albero è cresciuto!” E certo: è passato un anno, non sarà mica passato invano!
Si è approfittato dell’occasione per correggere alcuni errori o imperfezioni sfuggiti alla realizzazione degli anni precedenti, così si è sovrapposto il braccio della ragazza in bianco, in primo piano, sotto la ragnatela, al braccio della ragazza in rosso, più lontana, che erroneamente la sopravanzava; si è rifatta, più proporzionata al corpo, la testa della donna-nonna-insegnante della scuola palestinese sotto l’albero, sulla balaustra del secondo atrio.
Approfittando del disastro si era finalmente ottenuta dal comune la tinteggiatura in bianco dei muri che prima erano grezzi: gli operai hanno fatto del loro meglio, tuttavia si sono dovuti rifare i bordi neri esterni delle figure, cancellare qualche goccia di bianco caduta sul disegno sottostante.
Si è rifatta la bolla, reminiscenza di Bosch, con la mano da cui spuntano case ed etnie diverse, aggiungendovi un arcobaleno, e i riflessi bianchi che rendono più evidente una dimensione sferica.
Il fondo del secondo atrio era stato modificato, aggiungendovi una parete nuova con le porte di due nuove aule alle estremità: un’altra superficie dipingibile e da inglobare al disegno precedente della ragnatela: adesso il disegno si interrompeva senza motivo, dato che il muro ora continuava.
Allora si è continuata la trama dello schema delle case, fino ad inglobare la sagoma della porta dell’aula e si è completato il discorso: a una semplice opposizione al malgoverno e alla camorra si è aggiunta l’indicazione di una prospettiva futura: abbattere il malgoverno per realizzare la giustizia sociale. Essa è stata rappresentata in un rotondo volto di donna, con i capelli ad onde, sul verde da un lato, dalla parte color carne del volto, su varie tonalità di azzurro dall’altro lato, in corrispondenza della metà blu del volto. Il duplice colore del volto serve ad indicare il senso allegorico della figura, ma anche ad alludere alla continuità della storia civile, il giorno e la notte, il sole e la luna, ecc. Il volto di donna continua ai lati con due mani che recano tre alberi, i cui frutti simboleggiano le principali aspettative di chi aspira alla giustizia: l’albero del lavoro, con gli strumenti di diversi mestieri, la pialla, la chiave da meccanico, ma anche la penna e il pennello, e anche la scopa da spazzino e il computer, per alludere non solo ai diversi lavori ma anche ad una utopistica reintegrazione delle varie professionalità nell’unità della cultura umana, senza alcuna gerarchizzazione dei mestieri e dei lavori: tutti si collabora alla crescita dell’umanità, dallo spazzino al poeta, dal meccanico all’artista, allo scienziato. Nella stessa mano c’è l’albero delle case. Case rispettose delle diverse culture, come nella bolla del giardino delle delizie, reminiscenza di Jeronimus Bosch, c’è la capanna mongola, ma anche la casa dei Pit River della California, una casa collettiva, scavata sottoterra e mimetizzata nel verde (cfr. Jaime De Angulo “Racconti Indiani” Adelphi) e la casa in condominio, occidentale, e la casa stereotipata, col tetto rosso a spioventi, e la casa col tetto di paglia, tutte case con le porte aperte, aperte all’ospitalità, non tane ma asili per uomini che vogliono essere fiduciosi e fraterni, non roccaforti contro l’“estraneo”.
La mano a destra reca l’albero della fratellanza: tra foglie e rami fanno capolino le teste di rappresentanti di diverse etnie, rappresentazione delle multiformi manifestazioni dell’umanità, tutte con uguale diritto alla fratellanza: c’è il palestinese, l’ebreo ortodosso, l’indio dell’Amazzonia, il curdo, il pellerossa, ma anche la donna bianca “nordica”, europea, tutti con eguali diritti, e tutti nati dallo stesso albero e perciò fratelli.
Per ridare lucentezza e colore alle figure smorte dalla fuliggine si è spalmato su tutti i murales degli anni passati una mano di vernice flatting, così i neri e gli altri colori sono tornati come nuovi. C’è però lo svantaggio che il luccichio della vernice dà un po’ fastidio a seconda delle angolazioni da cui si guarda, ma...pazienza!
L’opera è stata completata dipingendo le tre pareti in corrispondenza del piano superiore nell’atrio di ingresso. Ci si è fatti prestare il trabattello dell’impresa di pittori, più solido del nostro, dato che si doveva lavorare a un’altezza da quattro metri a sette-otto metri, per una lunghezza per ogni lato, di sette metri e sessanta. Si è rappresentato l’autadafè di Giordano Bruno, visto che la scuola è dedicata a lui, e la sopravvivenza e il sopravvento delle idee e delle geniali intuizioni di Giordano Bruno sul contingente arrostimento del suo corpo.
Sulla parete centrale è rappresentato il rogo, con Giordano Bruno legato a un palo in cima a una catasta di legna e fascine e libri, a indicare che la sua uccisione era il tentativo inane di distruggere le sue idee. La bocca serrata nella mordacchia, per ridurlo al silenzio. Attorno la folla, che sempre accorre, anonima, a godere delle sofferenze altrui, nell’incosciente aspirazione ad esorcizzare il supplizio di un innocente attribuendogli il valore della difesa dell’ordine costituito, della cui bontà l’ha convinta il potere. In mezzo alla folla il papa, simbolo massimo del potere dell’epoca, al sommo di un palco con vari gradini, e poi cardinali, ecclesiastici, a destra le guardie svizzere, lanzichenecchi rappresentanti l’ottusa dedizione dei bruti a difendere la violenza del potere costituito, che si oppone alla libertà di pensiero, ch’essi peraltro sono incapaci di concepire. A sinistra i dotti, professori e pedanti servi colpevoli del potere, con cui il Nolano ebbe a scontrarsi, a Ginevra come a Parigi, a Oxford come a Wurtenburg, immagine della spocchiosa presunzione dei “professori”.
Ma dai libri, alla base della pira del rogo escono fogli che volano ingrandendosi, sulle pareti laterali: sono l’immagine delle idee e delle intuizioni del Nolano, sopravvissute al suo supplizio e arrivate fino a noi, che ancora oggi le ammiriamo, a dimostrare come la testimonianza di un uomo libero è più forte della tracotanza del potere.
Sui fogli sono rappresentati i disegni fatti personalmente con incisioni in legno da Giordano Bruno per illustrare le sue opere. Per conoscerli, partendo dalla illustrazione in sovraccoperta del libro sul Nolano di Michele Ciliberto, uscito l’anno scorso, che ci ha fatto scoprire che il nostro aveva prodotto anche disegni, si sono cercate le illustrazioni delle sue opere, alla biblioteca nazionale e alla biblioteca universitaria di Napoli, non perché queste fossero il meglio della sua opera, ma perché, volendo fare un murale in suo onore, ci pareva bello illustrarlo con i suoi disegni.
Così si sono rappresentati sui fogli volanti alcuni grafisini autografi dal manoscritto del testo sulla medicina di Raimondo Lullo, i tre soli della triade, la verità, la bontà e l’unità, che tutti insieme sono necessari a realizzare la luce, un discorso onesto; un curioso disegno tratto dal “De Immenso et Innumerabilibus, seu de Universo et Mundis” cap. VII, con quella che sarebbe la visione dell’universo se fosse visto dal sole anziché dalla terra, un cerchio diviso in sei settori, tre luminosi, o ignei, disegnati a fiamme, tre opachi terrestri, o acquei, perché il fuoco trae alimento dai vapori. Sono le due sole illustrazioni che abbiamo voluto colorare, per renderle più evidenti, quelle riprodotte anche nelle targhe per il cinquentennale della scuola.
Altre immagini sono tratte da un’altra opera, del 1591, e alludono ai diversi e multiformi interessi di Giordano Bruno, uomo curioso, attento, intelligente e impegnato a restituire all’uomo comune il piacere e la dignità del pensiero, contro gli specialismi dei pedanti e i dogmi delle autorità costituite. Così ci sono allusioni a costruzioni geometriche curiose: fra le altre opere scrisse anche delle lezioni di geometria, ma sopratutto ha intuito come il produrre immagini sia un attento osservare ed amare, per restituire agli umani cittadinanza nelle invenzioni del sogno. Le immagini sono tratte dal “De imaginibus ecc.” del 1591 e ancora dal “De Monade, ecc.”: composizioni di sigilli, composizioni logiche di lettere per formare parole, la chiave delle deformazioni, ma anche allusioni a un approccio alla magia, l’equivoco del Mocenigo, che poi lo tradì, deluso nelle sue aspettative di rivelazioni di segreti magici: non capì che il Nolano non possedeva altra magia che il gusto della libertà. A questo alludono l’immagine della mano, con le sue linee, e quelle della fortuna e sfortuna di Veiovis.
Sul muro a sinistra conclude la fuga di fogli una grande mappa dell’Europa, dove, in corrispondenza delle città, sono segnate le date dei soggiorni del Nolano, dalla nascita, a Nola, nel 1548, a Napoli, a Lione, a Ginevra, a Parigi, a Londra, ad Oxford, a Francoforte, a Wurtenburg, a Praga, a Zurigo, a Venezia, fino alla conclusione della sua vita con la morte violenta, a Roma, nel 1600. Un itinerario di continui viaggi, investigazioni di diverse culture, nelle quali si scoprivano le costanti della prepotenza del potere e dell’arroganza dei pedanti, contro cui il Nolano era spontaneamente indotto a lottare e a scontrarsi. I pedanti fossilizzati nell’ossequio servile al potere costituito e incapaci di indagare il nuovo, il potere costituito impegnato a difendere la propria continuità soffocando il diritto degli uomini al libero pensiero e all’autodeterminazione: uno delle prime coscienze europee.
L’uomo fu imbavagliato, il suo corpo bruciato, e il potere sembrò avere il sopravvento. Perciò sul rogo, acceso in mezzo a una fuga di tetti di case che vogliono rappresentare l’antico aspetto della piazza di Campo dei fiori, a Roma, volano corvi, e, fra i corvi, un cardinale, con un becco da rapace, invece della bocca, e un asino, allusione all’opera del Bruno, “Spaccio della bestia trionfante”. Ma si badi bene che non si tratta di un discorso anticristiano, chè, fortunatamente i cardinali hanno poco a che vedere col falegname Gesù, anch’egli impegnato a restituire ad ogni uomo la sua dignità e la libertà e perciò ammazzato dai potenti, e “cardinali” del suo tempo...
Ma l’urgenza di un pensiero libero e libertario, l’apertura di prospettive su mondi nuovi esplorati dal pensiero, erano più forti della morte e le idee di Giordano Bruno hanno aperto la strada al pensiero moderno. Se si intitola una scuola a lui è per continuarne l’opera e per insegnare ai nostri ragazzi a non aver paura di pensare, ma anzi incoraggiarli all’avventura della scoperta di mondi nuovi, dove sia più bello vivere.
Mondi infiniti, in cui “l’essere vivente ascende ai sensi attraverso l’animo, ai composti attraverso i sensi, agli elementi attraverso i composti, e attraverso questi ai demoni, attraverso i demoni agli astri, attraverso questi ultimi agli dei incorporei, o di sostanza e corporeità eterea, attraverso questi all’anima del mondo, o spirito dell’universo, e infine, attraverso questo alla contemplazione dell’unico, semplicissimo, massimo, ottimo, incorporeo, assoluto e sufficiente a se stesso”. (De Magia).
Una prospettiva di indirizzo ai nostri ragazzi perché riconquistino con il coraggio delle idee e l’amore per i più umili la libertà di pensiero, contro ogni tentativo di costrizione, limitazione e repressione, affinché, ricordando questa immagine dell’autodafé, sappiano riconoscere nella vita ogni simile cedimento del potere, alla tentazione di sopprimere e distruggere ogni opposizione e dissenso: il diritto alla libertà è il fondamento della democrazia e della civiltà.