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Da un murale all'altro

Abbiamo cominciato a dipingere i muri quasi per caso, "per farci conoscere", per lanciare un appello agli altri, nel rione, nel mondo, da un piccolo gruppo alla gran massa della gente. Capita che una forma di espressione ha molta presa, molta incisività quando è usata per la prima volta ed esalta allora l'efficacia di ciò che comunica con lo stupore per la forma inconsueta di comunicazione.

Il muralismo centro e sudamericano, conosciuto in Italia soprattutto dopo la triste vicenda della soppressione dell'esperienza democratica in Cile, nel '73, diventò la spinta all'uso di questo mezzo di espressione da parte dei movimenti di base, nel corso di lotte sociali da far conoscere a più gente: le pitture sulle case occupate di via Tibaldi a Milano, pitture murali in centri sociali e luoghi di aggregazione di lavoratori e studenti e così via.

Era restituita così alla pittura la funzione di mezzo di comunicazione immediato e popolare, e ai pittori che la realizzavano la soddisfazione di reintegrarsi nella società, di recuperare un rapporto soddisfacente con la gente, tutta la gente, non solo raffinati fruitori dell'arte contemporanea più o meno cervellotica, ermetica ed esclusiva, di sentirsi di nuovo utili a sé ed agli altri, di operare e lavorare "coram populo" collettivamente, in una sorta di estemporanea "bottega" con apprendisti occasionali.

In più il muro dipinto interagiva nell'ambiente modificando il paesaggio urbano, tanto più efficacemente quanto più si integrava la pittura alla forma e alle dimensioni del muro, alterandone l'aspetto e sostituendo un discorso organizzato al silenzio delle pareti uniformi, più o meno grigie che è sempre più frequente incontrare nei grossi agglomerati urbani, grazie anche alle nuove tecniche costruttive che permettono sviluppi illimitati di elementi modulari.

È questa una caratteristica dei murales che si è andata esaltando nel nord Europa e negli Stati Uniti, in una serie di opere che prescindono da un discorso politico per svolgere un discorso più squisitamente estetico sui muri della città, spesso facendo ricorso ad effetti illusionistici, da trompe l'oeil, per modificare appunto il paesaggio urbano.
Con tutto il rispetto per queste forme di espressione, spesso molto raffinate e realizzate con notevolissima e ammirevole accuratezza e maestria, ci pare però che il senso più efficace del muralismo qui vada perduto più o meno completamente perché si prescinde da un impegno politico.

Se nel muralismo messicano, sviluppatosi in grande dopo la rivoluzione dell'inizio del secolo, il fatto centrale era proprio la presa di coscienza della propria identità di popolo e un discorso sulla funzione nella società delle classi sfruttate, da sempre espropriate persino della loro stessa dignità, nei murales cileni e di altri paesi latino/americani è sempre preponderante l'urgenza di un discorso politico, che, se pure si sposa con elaborati moduli figurativi, si svolge sui muri proprio per raggiungere tutti e si realizza rapidamente per eludere la repressione poliziesca.

La rapidità di esecuzione, unita alla casualità dei muri disponibili determinano anche il carattere piuttosto effimero delle pitture murali, che non sono certo fatte per sfidare i secoli, come gli affreschi del passato giunti fino a noi, ma hanno come scopo di durare solo qualche anno. Direi che la loro validità è nel farsi, coinvolgendo in questa attività i passanti, i cittadini del posto, talvolta le autorità locali o le scuole che per fortunato caso li commissionano.

Se riandiamo alla nostra esperienza, lunga ormai quattro anni, molti episodi e strani casi vengono alla mente, che permetterebbero un bilancio di questo tipo di attività.

Dei bambini già si è detto, del loro immediato entusiasmo per il dipingere sul muro, forse perché è la realizzazione di un loro desiderio, da sempre represso e costretto a soddisfarsi in timidi graffiti col gesso o addirittura con la matita sulle pareti delle scuole o di altri edifici.
Il sentirsi autorizzati e incoraggiati a dipingere diventa allora una nuova esperienza di libertà, perciò stesso entusiasmante, a prescindere dal tema e da ogni altro significato.
Che problemi pone il dipingere con loro?

I maestri in genere sono timorosi di eventuali pericoli e incidenti e invece si è sperimentato che proprio l'entusiasmo per un'attività inconsueta provoca maggiore attenzione e cura nel lavoro.
Lo documentano le fotografie, che mostrano volti attenti, quasi rapiti, e una grande tensione. Lo documentano le cose scritte dai ragazzi stessi: l'avere sperimentato che ci si scambiava i colori senza litigare, che addirittura non si faceva caso al campanello che avvisava della fine delle lezioni. Chiunque abbia assistito all'uscita da qualche scuola e alle folli corse delle maree di alunni che sembrano riemergere alla vita e alla libertà dopo una lunga reclusione può capire ciò che questo significa. C'è se mai lo scrupolo di avere presentato ai ragazzi una immagine corretta, viva ed entusiasmante di scuola che non sempre corrisponderà in seguito all'effettivo andazzo della vita scolastica, ma sarà pur sempre uno stimolo positivo, il lasciare il ricordo figurato di un'esperienza viva eccezionale, con cui confrontare la vita scolastica di ogni giorno.

Stranamente non pare che un'eguale vivezza di reazioni si possa registrare sempre fra gli adulti.
C'è chi resta perplesso, chi si dichiara contrario perché gli sembra poco serio (ma che cos'è la serietà?) dipingere i muri, chi più che altro è interessato agli aspetti economici della cosa: "Ma lo fate per soldi?" "E chi vi paga?" e "Quanto vi pigliate?" ecc.

I promotori stessi delle iniziative, passato il primo momento di entusiasmo, pare quasi che si vergognino della loro audacia: è capitato che dove (raramente) un'amministrazione comunale ci aveva chiamati a realizzare un murale, poi ci si "dimenticasse" di menzionare il murale fra le iniziative realizzate, che si registrasse un senso di fastidio o di scetticismo sulla necessità, da noi sollecitata, di documentare il lavoro e il senso dell'iniziativa almeno con un ciclostilato, specie nelle scuole, per raccogliere "a caldo" le reazioni dei ragazzi, le loro impressioni, la comprensione delle immagini usate e l'eventuale diverso significato attribuito ad esse.

È per questo che, fino ad ora, non siamo stati capaci di documentare in una pubblicazione fatta per bene, a colori, il lavoro svolto, sia per via dei prezzi, per noi proibitivi, della stampa, sia per la scarsa attenzione di editori e giornali in genere alle iniziative medesime.

In occasione della realizzazione del nostro ultimo murale, con la scuola media della "167" di Secondigliano, che è durata una settimana, se n'è data notizia alla stampa e alla televisione di stato in anticipo, spiegando il senso culturale e politico dell'iniziativa, ma i maggiori organi di informazione si sono guardati bene dal venire a vedere, nonostante le nostre insistenze, e al telegiornale regionale della terza rete la notizia non è passata: preferiscono invece dare notizia quotidianamente di tutte le mostre personali di pittura da cavalletto di stampo ottocentesco: cento ragazzi che dipingono il mondo sul muro della loro scuola non "fanno notizia".
Strano, se si pensa che qualunque scippo o altro episodio di cronaca nera nella stessa zona ha diritto di accesso alla pubblicizzazione.

"Paese Sera" che pure quotidianamente informa sulle mostre di vari pittori non ha ritenuto degne di rilievo le nostre informazioni e documentazioni fotografiche. Solo "Il Mattino", dopo ripetute insistenze, ha pubblicato un buon pezzo. Viene da chiedersi: è insensibilità culturale, boicottaggio del nuovo, paura delle innovazioni o di "compromettersi" o che altro?

Poi ci si capacita che proprio per questo è necessario dipingere i muri, perché i piccoli, quelli che stanno in basso, non hanno altro mezzo per far sentire la loro voce.
Viceversa, anche per le persone colte, gli insegnanti, la pubblicazione di un articolo sul giornale è garanzia di validità della cosa, come se si avesse paura a dare un giudizio assoluto in proprio, o non se ne avessero gli strumenti.

Quanto alla sopravvivenza dei murales, essa è affidata al caso e a una quantità di fattori diversi.
Dalla qualità del muro e dell'intonaco eventuale, che in alcuni casi cade via irreparabilmente, danneggiando la leggibilità dell'insieme, agli effetti degli agenti atmosferici: se ci batte molto il sole i colori sbiadiscono con l'andare degli anni, se la pioggia e l'umidità si creano dei varchi le muffe distruggono le figure e anche la neve e il gelo favoriscono il distacco della pellicola di colore dal supporto, come abbiamo verificato durante la gelata di gennaio scorso.

Infine i capricci della proprietà, se il muro è di qualcuno, perché non è detto che i muri siano eterni, né che l'averli dipinti per bene garantisca la loro sopravvivenza: possono essere abbattuti o sventrati e sostituiti da cancelli e anche questo ci è capitato, o nascosti da successive costruzioni o pannelli elettorali, posticci o stabili e così il messaggio, il grido è di nuovo ridotto al silenzio.

È per questo che insistiamo: la validità è nel farli. Perciò ci pare importante documentare l'operazione sul momento con foto e diapositive, fornire a tutti la giusta interpretazione delle immagini, per stampare bene il messaggio nelle coscienze, in maniera che almeno perduri nel ricordo.

Da un murale all'altro