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Andarono caravelle…tornano portaerei

16 ottobre 1992.
Ripitturazione del mural al Quadrivio Arzano (Napoli) per i 500 anni di resistenza alla conquista, con alcuni alunni della “Virgilio I” fino alla fine del mese.
Rovinato dalle intemperie.



Testo illustrativo




I murales del Quadrivio Arzano 1982-1992

I murales sul muro leggermente in curva che dal quadrivio Arzano introduce a via Monte Rosa furono realizzati nel 1982 nell'ambito di una manifestazione di solidarietà con la resistenza al colonialismo dei paesi dell'america latina (erano gli anni gloriosi e pieni di speranze della rivoluzione sandinista in Nicaragua e della estenuante guerriglia nel Salvador), dal GRIDAS in collaborazione con la BSA (Brigada Salvador Allende) un gruppo di muralisti (alquanto accademici, si scoprì poi) esuli cileni a Milano, invitati da Patrizio Esposito, stimolatore dell'iniziativa.

Il muro è di "basoli", cioè blocchi di trachite, grigio scuro, su cui i colori risaltano bene, a condizione che sotto quelli più chiari, il giallo, il rosso, si dia prima una mano di bianco. Il mural, fatto in collaborazione, è costituito di due parti, avendo come divisione o punto di congiunzione lo spigolo del muro, dove da via Appia si discosta introducendo a via Monte Rosa. Là c'è una grande aquila, con una corona che simula una moneta d'oro, il dollaro, ossia lo strapotere del denaro, unica religione capitalistica, e, fra le penne, dipinte a stelle e strisce, per chiarire di quale aquila e di quale capitalismo si tratti, sono dipinti missili e bombe, a chiarire su quale consenso si regga il capitalismo o imperialismo che dir si voglia. A sinistra, guardando l'aquila, c'è la parte dipinta dai cileni, che va dalle immagini dei "conquistadores" (correttamente così chiamati, ché si trattò di una conquista e non di una "scoperta") alle disgrazie contemporanee, rappresentate sinteticamente dall'inconfondibile faccia del mostro Pinochet. Sulle montagne e sul sole radioso che le sovrasta era scritta la frase di Salvador Allende, pronunciata prima di morire: "si apriranno di nuovo i grandi viali che percorrerà l'uomo libero".

A destra dell'aquila centrale sono invece rappresentati i guai indotti dal capitalismo nella nostra società: le persecuzioni e repressioni poliziesche, la disoccupazione, le ossessioni consumistiche, gli uomini che al posto della testa hanno un pallone o lo stereo o il televisore, gli sfrattati, le vittime del terremoto, alla ricerca di una precaria sistemazione abitativa, la pioggia di lettere di licenziamento, ma c'è anche un'apertura alla speranza, una gabbia con lo sportellino aperto e un uccello finalmente libero che vola via, immagine cara a Patrizio, un albero carico di frutti e un arcobaleno, immagine cara a noi e ricorrente nei nostri murales.

Nel 1982 erano appena due anni che ci eravamo buttati nella avventura dei murales, e, sia per imperizia che per mancanza di denari, si usavano strumenti molto poveri: la colla Sichozell come fissativo e i colori lavabili. Per cui, dopo dieci anni i colori erano piuttosto sbiaditi.

Nel 1992 ci fu, cominciata come mobilitazione europea con un convegno ad Amburgo di muralisti internazionali, europei e latinoamericani (non è un caso che le pitture murali di questo tipo si chiamino con parola messicana "murales"!) per progettare la realizzazione di murales in almeno dieci città europee, in collaborazione, artisti europei e latinoamericani, per contrastare le previste e annunciate celebrazioni "colombiane" della "scoperta", cui si contrapponeva la testimonianza latinoamericana "500 anni bastano" della resistenza indigena e nera alla conquista, che è diventata ed è proseguita nel tempo come "conquista" culturale e poi semplicemente come oppressione capitalistica per sfruttare le risorse dei paesi del sud e impedirne lo "sviluppo" senza curarsi della povertà e della miseria indotta da qeste politiche sciagurate.

Prima di andare ad Amburgo presi contatto con l'assessorato alla cultura della regione per sondare l'eventuale disponibilità ad una sponsorizzazione della realizzazione di murales anche a Napoli, luogo storico di emigrazione  nelle lontane Americhe, e ne ebbi, come al solito, un rifiuto, per cui, nell'ottobre del '92 invece di tornare ad Amburgo per un convegno conclusivo dell'iniziativa internazionale, dipingemmo e restaurammo il mural al quadrivio Arzano con i ragazzi (i più "teribili") della scuola media del rione, la "Virgilio I" aggiungendo al precedente mural l'immagine delle caravelle, sulla sinistra e di una portaerei sulla destra, riprendendo lo slogan creato per il nostro carnevale del 1992: "andarono caravelle, tornano portaerei" che ci pare ben sintetizzare la vicenda dell'esportazione e dell'imposizione del capitalismo agli innocenti ed ignari popoli delle Americhe.

Sulla prua della portaerei è scritto, come c'è sulle navi militari, un numero: il numero è 666, il numero della "bestia che emerge dal mare" nel libro dell'apocalisse, tanto per chiarire di che bestia e di che nave si tratti.

A quanto pare la pittura è una sorta di concime: lungo il muro che supporta il mural crescono rigogliose piante selvatiche, altrove no. C'è un qualche volenteroso "operatore ecologico" ovverossia spazzino che ogni tanto si preoccupa di strappare le piante da una metà del muro, e dopo qualche mese dall'altra metà. Ultimamente ci abbiamo sparso dell'acido muriatico e per un po' il mural è stato ben visibile nella sua interezza ma le erbacce sono tenaci e ricominciano a spuntare.

Speriamo che il messaggio indirizzato ai passanti sia più tenace delle erbacce.

Il GRIDAS.