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L'aeroporto delle zanzare

In un posto il lagno si allargava e formava una pozzanghera, dove vivevano tutte le zanzare del Campo. Quelle piccole stavano affogate nell'acqua, con la testa galleggiante e il corpo che si muoveva come un verme, però verticale.
L'acqua era di un colore verde fracido, con molta schiuma e molte porcherie sul fondo e attorno. Sull'acqua atterravano rapidamente le zanzare grandi, i maschi, andavano in giro per divertimento, le femmine avevano da lavorare: andavano a succhiare il sangue agli uomini e tornavano con la pancia piena di sangue per nutrire i piccoli. Ne tornavano sempre di meno di quante ne partivano. Molte morivano schiacciate dagli uomini, disturbati dalle loro sirene o dalle loro punture.
Sulla pozzanghera c'era un continuo ronzio: erano le sirene delle zanzare in partenza o in arrivo: quando stavano ferme, di fatti, stavano zitte.
Il gatto Ferdinando passava quasi tutto il suo tempo a guardare le evoluzioni delle zanzare. Lui non lo pungevano perché aveva la pelliccia. Una volta una zanzara aveva cercato di pungere il naso di Ferdinando, perché sul naso non aveva la pelliccia, ma Ferdinando con una zampata aveva ammazzato la zanzara e si era spuntato un baffo. Da allora le zanzare non avevano più molestato il gatto Ferdinando, anzi erano diventati amici. Il gatto Ferdinando era per la pozzanghera quello che la torre di controllo è per gli aeroporti: con la coda indicava la direzione del vento, con gli occhi indicava se si poteva scendere sull'acqua oppure no.
Una sera un gruppo di zanzare partì dal lagno, diretto alla baracca di Peppe lo scemo. Il primo che se ne accorse fu Rodò, ma fece finta di niente. Le zanzare attaccarono ripetutamente Peppe lo scemo da tutte le parti, anche se decimate dalle manate di Peppe, che tirava schiaffi dovunque. Pareva che nella sua baracca ci fosse un bello spettacolo e cinquanta persone battessero le mani. Gli scarrafoni, avendo saputo il fatto, si disposero in cerchio attorno alla baracca, ma niente potettero fare contro quelle bestiacce. Rodò abbaiava, Ferdinando, venuto apposta, roteava la coda, e Peppe lo scemo usciva pazzo.
Peppe lo scemo non aveva i soldi per comprare il diddittì, perciò, il giorno dopo, inchiodò una vecchia retina fuori alla finestra, anche se non sarebbe servita a molto, perché la baracca era tutta spertusata.


Scuola 128, 30 giugno - 2 luglio 1969.