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Maschere, mascherarsi, la manualità

Il mascherarsi nasce nella storia dalla necessità di cancellare la propria identità per assumerne un'altra, per dare vita a un ente immaginario e farlo agire come si vorrebbe che agisse.
È, all'inizio, un fatto rituale, connesso col rapporto con gli spiriti, le forze superiori, dall'altro, cui l'uomo mascherato, lo sciamano, lo stregone, in stato di trance, offriva il proprio corpo affinché potessero manifestarsi, "incarnarsi" ed agire al cospetto degli altri uomini.
Poi diventa appannaggio dell'attore, anche perché il teatro ha a che fare, dal suo inizio, con la sacra rappresentazione, ancora una volta col manifestarsi della Vita attraverso gli uomini.

Gli usi del mascherarsi, fino ad oggi, sono più o meno direttamente connessi con queste lontane origini.

L'attore che si maschera da Pulcinella o Arlecchino, o altri, lo fa perché vuole cancellare la sua identità per assumere quella dell'archetipo, il modello originario del popolano, del servo, o del padrone, o del signore, o del dio.

Come avviene il cambio di identità, quali elementi dell'aspetto umano sono cancellabili e quali devono invece fondamentalmente restare perché si possa ancora parlare di "maschera" di essere vivo?

C'è una riconoscibilità della persona legata alla SAGOMA UMANA, costituita da una figura eretta, con una testa, due braccia e due gambe.

1. La maniera più immediata di cancellare la propria identità è l'intervento sui caratteri somatici della persona: la figura umana è ancora riconoscibile come tale ma ne è cambiata l'identità.
L'intervento è costituito dal trucco o da maschere che nascondono o modificano i contorni del viso o i tratti caratteristici.
Le possibilità di intervento sono infinite: il volto è un paesaggio dove gli elementi caratterizzanti e interagenti sono: due occhi, un naso, una bocca, le loro forme, la loro collocazione nel paesaggio-volto, gli spazi al margine e all'interno. Ampiezza della fronte, taglio degli occhi, forma e spessore delle palpebre e delle sopracciglia, forma e dimensione del naso, distanza dalle labbra, forma e spessore delle labbra, forma del mento, ecc. e tessitura delle superfici: rugosità, espansione dei peli (barba, baffi, capelli, ciglia, sopracciglia) porri, cicatrici, ecc.
Esempi nei culti religiosi e magici, pitture di guerra sul corpo e sul volto, maschere di tipo veneziano e del teatro.

2. Una maniera più complicata di agire sulla riconoscibilità della figura è data, come nel paesaggio del volto, da un'alterazione delle dimensioni e dei rapporti reciproci fra i vari elementi che costituiscono la figura.
Anche qui le possibilità sono infinite.
Ne accenniamo alcune.

a - Una maschera da infilare sulla testa può avere infinite forme e dimensioni e da sola altera i rapporti fra gli elementi (essendo, per il fatto stesso di potersi infilare sulla testa e avvolgerla, più grande della testa, farà apparire più piccolo il corpo, in proporzione).
Gli esempi vanno, anche qui dai culti magici-religiosi (l'uomo di fango, immagine della morte per i melanesiani, altre maschere sciamaniche africane e di ogni parte della terra, in legno, sughero, paglia, ecc.) alle maschere in cartapesta dei più comuni carnevali.

b - Si può intervenire sui singoli arti, prolungando le braccia con stecche di legno da impugnare, con mani finte alle estremità, nascoste poi dai vestiti per simulare una continuità fisica, o prolungando le gambe, con i trampoli, anche questi nascosti dai vestiti, per una maggiore verosimiglianza, e l'effetto è contrario al precedente (a) perché farà apparire più piccoli gli altri arti o la testa, rendendo immediatamente buffa o comunque impressionante la struttura totale.

3. Una alterazione totale della figura, con strutture più grandi del normale, che danno origine a una figura più alta e più ampia, da indossare, animata da una o più persone, sostituendo così all'identità stessa della figura umana quella di un oggetto o di un animale, a quattro o a più zampe, significativa e impressionante perché animata e viva, ma con movimenti diversi da quelli consueti della figura umana.
Si pensi ai "mostri" tibetani, cinesi, del Bali, ecc.

Noi abbiamo provato a sperimentare queste varie forme di intervento sulla figura, non ricopiando modelli preesistenti, ma tenendoli presenti, inventandone di nuovi.
Le possibilità sono infinite e dipendono, oltre che dalle capacità inventive di ognuno, dagli stimoli e spunti forniti dagli stessi materiali impiegati e disponibili e dalle loro caratteristiche.
Fustini, cartoncini, garze, tela di sacco, tela morbida, stoffe varie, ecc. hanno ognuno innumerevoli potenzialità espressive.

La realizzazione di una maschera in cartapesta è un bell'esempio di esercizio della manualità: si tratta di disegnare con il filo di ferro invece che con la matita o il pennello e di tener presente il carattere spaziale e non solo di superficie della struttura. Serve filo di ferro zincato e pinze.

Il filo di ferro che abbiamo usato noi per le armature è quello dello spessore di tre millimetri e quello da un millimetro e un millimetro e mezzo per legare insieme i diversi profili e formare un supporto a maglie meno rade per reggere meglio la carta.

Sul filo di ferro si appoggiano poi fogli di carta di giornale (non quella patinata che cede di meno) tagliati a pezzi non tanto grandi, per favorire la modellatura sulle strutture, né troppo piccoli per non dover sciupare la pazienza. La carta va spalmata di colla (colla vinilica, più resistente e di più rapida essiccazione, o colla per parati più duttile ed economica, ma dell'essiccazione più lenta). Lo spessore giusto è di almeno due tre strati di carta, per evitare che l'elasticità delle strutture di supporto ne provochi la rottura.

Una volta asciugata la carta si interviene con la pittura (lavabile ad acqua e non tempera, perché è più coprente, anche se è più costosa, e ne basta una sola mano). Asciugata la pittura, per dare un aspetto lucido alle superfici (la pittura ad acqua è matta) si può dare una mano di vernice trasparente (flatting).

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