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Luigi Esposito (Gino)

Cercare di raccontare di Felice Pignataro, dire che cosa è stato quest'uomo a chi non l'ha conosciuto, parlare del suo pensiero della sua vita è un'impresa ardua; ma alle parole devo legare il mio sentimento, verso un uomo che è stato un'artista, un filosofo, un pedagogo, profondamente impegnato a difendere la pace e i diritti dei poveri in qualunque parte del pianeta essi si trovassero, senza nessuna distinzione di credo o di politica.
Artista impegnato, ha riempito la città di Napoli prima, e l'Italia poi con i suoi murales, dipinti che rappresentavano le umane vicende, con i suoi drammi, le sue tragedie i suoi sogni le sue conquiste. Certo che con un pennello (raccontava Felice nel suo libro "l'utopia sui muri") non si può cambiare il mondo, ma si può però aiutare quelli che lottano per migliorare il mondo, rivestendo con immagini le pareti squallide del nostro carcere quotidiano, affinché invece che un paesaggio deprimente diventi l'anticamera colorata per la nostra società futura.
L'arte per Pignataro, doveva appartenere alla gente e non doveva essere rinchiusa nei musei per essere patrimonio dei pochi, ed ai suoi murales partecipavano tutti, dai ragazzi delle scuole con cui spesso collaborava, ai semplici passanti e curiosi, che vedevano in questo piccolo grande uomo l'archetipo dell'artista che rendeva vivi quei muri grigi e miseri, con animali tratti da favole o provenienti da cento storie narrate nei libri antichi e moderni, come la bibbia passando per Jung, o d'artisti proletari meno antichi e conosciuti come Gennaro Esposito. La sua utopia per le strade e sui muri rendeva liberi, liberi come solo la pazzia può rendere, perché il pazzo oltre ad essere un visionario è l'unico veramente libero dai vincoli d'ogni moderna società, una libertà molto simile, come amava ricordare Felice, a quella dei bambini, i grandi si fanno delle domande, che raccontano le loro paure le loro insicurezze, mentre i bambini agiscono naturalmente mettendosi a giocare con i colori mentre i grandi si affrettano ad accumulare denaro e prestigio per dare un significato alla loro vita, ma solo alla fine "forse" si renderanno conto d'averla resa più vuota, perché la vita come l'arte ha senso solo quando è riassumibile in un senso d'amore, e l'amore non ha logica, ed è per questo un'altra forma di pazzia.

Nella periferia di Napoli agli inizi degli anni ottanta nel quartiere di Secondigliano a metà tra la 167, il nuovo mitologico bronx italiano, in cui le due uniche istituzioni erano il carcere da una parte e il ghetto dall'altra, nacque il Gridas. Il Gridas era il gruppo risveglio dal sonno della ragione, perché il suo sonno generava mostri, all'inizio cominciò la sua attività attraverso dei laboratori nelle scuole, poi quando il pensiero reazionario di alcuni dei deputati all'autorità reagì, si passò ai muri delle strade ed ai laboratori ed ad altre iniziative nel centro sociale dell'Ina casa, furono gli anni dei carnevali di quartiere, dei murales che raccolsero centinaia di adesioni, poi poco alla volta si ritornò a lavorare in molte scuole e si organizzarono molte iniziative per portare a conoscenza delle lotte di quanto avveniva alle genti in Nicaragua, delle battaglie contro i Contras che oltre a massacrare la popolazione innocente erano finanziati dalla Cia e personalmente dal presidente degli USA, Ronald Reegan, dalla lotta contro l'apartheid al sostegno al popolo palestinese ricordando sempre il massacro di Shabra e Shatila, queste e altre iniziative erano viste spesso come bizzarrie, ma era la continua ed eterna lotta tra Davide e Golia, il ricco contro il povero che si ripeteva e si ripete all'infinito. Nel secondo millennio nell'era del grande fratello in cui il sonno della ragione ha raggiunto il suo apice, in un tempo in cui milioni di persone si radunano per osservare una decina di esse che vivono una realtà, "falsa", cercando di riempire quel non vivere e non avere sentimenti propri, ma vivendo quelli d'altri, il 16 Marzo Felice è caduto vittima di quella che è la malattia del secolo, l'oscuro male che s'insinua nei nostri polmoni attraverso l'aria che respiriamo, e che i media e i potenti si affannano a nascondere, perché grandi sono gli interessi che ci sono dietro, Felice è morto poche settimane prima di mio padre, e con il suo stesso male, ma prima di andarsene è riuscito ad organizzare il suo ultimo carnevale, riuscendo anche nel letto dell'ospedale a continuare a disegnare, in quello che in vita e stato il suo moto perpetuo, e che solo il sonno della morte ha potuto fermare. La notte prima di morire ha salutato la moglie Mirella e i figli dicendogli "ora sono stanco lasciatemi dormire" e cosi si è addormentato per non svegliarsi più. Perdendo lui è come se avessi perso mio padre una seconda volta, delle mille cose fatte con lui rimangono i ricordi, e quella parte di lui che finché vivrò, porterò sempre con me, e che cercherò di ricordare e tramandare per sempre; il suo spirito e il suo sguardo critico.

Addio Felice amico mio.